Il burnout è generalmente definito come una sindrome di esaurimento emotivo, di depersonalizzazione e derealizzazione personale, che può manifestarsi in tutte quelle professioni con implicazioni relazionali molto accentuate. Generalmente nasce da un deterioramento che influenza valori, dignità, spirito e volontà delle persone colpite.

Perché un blog che tratta di Social Media e di Marketing, entra in un ambito abbastanza diverso dal solito?

Mi è capitato negli scorsi giorni, di sentire in un’intervista, che molti personaggi legati ai “nuovi ambiti lavorativi” (nel mondo dei social e del marketing digitale), hanno iniziato a parlare di Sindrome di Burnout, applicata in questo mondo.

Perché dico applicata in questo mondo?

Tutti gli studi che si leggono sul Burnout, riguardano sostanzialmente lavori in cui c’è un contatto molto diretto tra due o più persone (gli esempi più citati sono medici e infermieri).

In cosa consiste il Burnout?

Quando ci si trova in contesti lavorativi in cui è richiesto un forte impegno (anche dal punto di visto psicologico), e in cui le altre circostanze di vita (come la famiglia o l’ambiente in cui si vive), consumano il resto delle energie al lavoratore, si può sviluppare questa particolare sindrome.

Ma di preciso cosa succede?

L’entusiasmo di partenza, fa spazio a un graduale distacco dalla dedizione al proprio impegno, fino ad arrivare a una vera propria distanza.

Il deterioramento è del tutto progressivo: i sentimenti positivi verso ciò che si ama fare, l’entusiasmo iniziale e le ricche prospettive (non solo in termini economici), vengono sostituiti da sentimenti negativi di rabbia, ansia e depressione.

Quali sono le fasi?

  • Esaurimento: come si arriva a questa prima fase? Con sovraccarichi di lavoro, con una mancanza di gratificazioni adeguate, con l’assenza di equità sul posto di lavoro o con la mancanza di un’adeguato compenso per il proprio lavoro (amici freelance, vi suona familiare?). Quando termina la pazienza e la resistenza a tutto questo, quando non si riesce a recuperare le energie andate perdute (o quando si è incapaci di farlo), si entra in questa fase.
  • Cinismo: la prima fase porta spesso a un mancato coinvolgimento emotivo nel proprio lavoro o nei progetti che si seguono. Questo graduale distacco e perdita d’interessa è il tentativo di proteggere se stessi, di giustificarsi, dinanzi all’esaurimento raggiunto. Piuttosto che avere fiducia in “tempi migliori”, si pensa che nulla più potrà andare bene.
  • Inefficienza: il cinismo, come descritto, porta inevitabilmente a questa terza fase in cui, avendo l’impressione di avere tutto il mondo contro, dentro se stessi, ogni tentativo di progredire nei diversi ambiti della vita appare vano, perdendo gradualmente fiducia nelle proprie capacità.

Perché il Burnout nelle Professioni Digitali

Mi si consenta di utilizzare in libertà “Professioni Digitali” come contenitore che racchiude tutte le nuove figure lavorative (dal SMM, al Graphic Designer, allo YouTuber, all’Influecer, al Seo Manager e così via).

Sia come esperienza personale, sia per la tipologia di ambienti che frequento, mi è capitato spesso di percepire, sia dentro me stesso, che nei racconti degli altri, alcuni di questi sintomi.

Lungi da me (e da noi di How To Social) di formulare nuove teorie mediche e/o psichiatriche, ma molto spesso, c’è bisogno di trovare conforto e di dare un nome a qualcosa che si prova sulla propria pelle.

Ho provato così a fare delle analogie.

  • Esaurimento: se sei un Freelance, quante volte hai avuto a che fare con clienti che non hanno la minima idea di cosa tu stia proponendo? Clienti che se ti presenti come un SMM, vogliono che tu sia anche un Graphic, un Seo Manager (e chissà quante altre cose). E quante volte (specialmente all’inizio) ti è capitato che tutte queste attività ti vengano pagate poco e niente (con metodi di pagamenti bizzarri e con ritardi clamorosi?). E questo, purtroppo, può valere anche in un’agenzia di comunicazione, se l’agenzia non è delle migliori.
  • Cinismo: quante volte hai pensato “basta, ma perché nonostante una laurea e un master (o svariati master), devo essere trattato in questo modo da persone che non sanno neanche di cosa parlano e che cercano soltanto like e follower?”. A me tante. Quante volte hai pensato di mollare o di diventare come loro: freddo, spietato, interessato soltanto al tuo portafoglio (tanto i like, in una maniera o in un’altra arrivano, cosa mi interessa se poi non convertono). Quante volte ti sei sentito inutile e triste come la birra senz’alcol (cit Enrico Brizzi) solo perché un tuo cliente non capisce il tuo lavoro e ti sembra che, a quel punto, tu il tuo lavoro non lo sappia fare?
  • Inefficienza: e infine, quante volte, all’ennesimo “tu sei uno YouTuber, mica lavori?”, hai pensato che è diventato davvero inutile cercare di far capire al mondo intero (tuoi genitori, parenti e amici compresi), che se è un lavoro è un nuovo lavoro, non voglia dire che non abbia una dignità e una fatica fisica e mentale degna di un “lavoro tradizionale”?

Sia che tu sia un Freelance, o un’altra qualsiasi figura professionale nel mondo dei Social o del Marketing Digitale, sono sicuro che, almeno uno di questi pensieri ti abbia sfiorato per un secondo il cervello e forse ho capito la causa scatenante di tutto questo.

Non hai, non abbiamo un punto di riferimento!

Ti faccio un’esempio:

Tua zia è dottoressa in medicina: sai che per diventare dottoressa in medicina ci vogliono 5 anni di Università e altri svariati anni tra specialistica e tirocinio. Dopo questa trafila, tua zia avrà lavorato a fianco di un dottore più anziano e avrà poi, probabilmente, aperto il suo studio. Tua zia, la dottoressa, ha diverse scelte: restare medico di base con un suo studio, specializzarsi, insegnare all’Università (e molte altre ancora), fino ad arrivare all’età della pensione e morire (si spera il più tardi possibile) soddisfatta di quanto fatto nella sua vita.

Ora, questo si può applicare a un qualsiasi “lavoro tradizionale”. Si, lo so, le cose non vanno bene per tutti e regna comunque da decenni un clima di incertezza, ma i punti di riferimento, almeno ci sono. Gli step da perseguire, nei vari settori, sono più o meno conosciuti.

Ma nel caso delle “nuove professioni”?

Se Facebook chiude? Se Instagram Chiude? Se Google fallisce? E soprattutto, quanti Social Media Manager conosci che lavorano da 30/40 anni? Quanti Seo Manager?

La risposta è:

NESSUNO!

Perché in un certo senso, noi siamo i primi e stiamo andando avanti tra mille difficoltà e con una sola certezza:

che siamo nella più profonda incertezza.

Può sembrare una strana teoria o soltanto lo sfogo di un trentenne “esaurito”, ma se sei arrivato fino a questo punto è perché stai capendo cosa voglio dire e voglio solo invitarti a non perdere l’entusiasmo, perché fare qualcosa di nuovo e farlo bene e imporsi per farlo bene, ti farà sempre sentire una persona ricca e speciale.

How to Social, ti vuole bene!

Grazie alla Dottoressa Giulia Abbrunzo per la consulenza.

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