Smartworking: un termine in Italia quasi sconosciuto fino ad appena 3 mesi, ma che ora è sulla bocca di tutti.
Ci siamo ritrovati a svolgere lavori in casa, a svegliarci cinque minuti prima delle 9:00 e a lavorare in pigiama o in tuta (o anche peggio).
Ma ci siamo anche ritrovati a scoprire che, forse, questa cosa dello smartworking si può fare davvero, con o senza emergenza.
E da questo contesto, la prima azienda (almeno la prima grande azienda, il primo colosso), a prendere “la palla al balzo” è stata Twitter.
Twitter ha annunciato ai propri dipendenti che, se vogliono, possono lavorare in smartworking per sempre anche dopo la fine dell’emergenza.
L’annuncio è arrivato direttamente via email dall’amministratore delegato Jack Dorsey:
gli uffici resteranno aperti e chi vuole potrà tornarci quando sarà possibile farlo
In un’intervista su Buzzfeed, Jennifer Christie, capo delle risorse umane della compagnia ha dichiarato:
I manager che non pensavano di poter gestire le persone a distanza ora cambieranno opinione. Non penso torneremo indietro.
Dunque Twitter e lo Smartworking per sempre, sembra essere una realtà più che ipotetica e, secondo varie indiscrezioni sul web, gli altri colossi Tech come Google e Facebook, starebbero pensando alla stessa soluzione.
Una rivoluzione del web: chi se non loro?
Cambiano i governi e i governanti, ma a dettare le tendenze, ormai, sono sempre loro: i colossi del web.
In un momento tragico come quello che stiamo vivendo, cambiare le “regole del gioco”, sembra essere l’unica strada percorribile per una ripresa economica e sociale.
Continuano a ripeterci “dopo questa emergenza, non saremo più gli stessi”.
Se per “essere gli stessi” si intende svegliarsi due ore prima per raggiungere un ufficio nel quale si svolgono gli stessi compiti che, tranquillamente, si possono svolgere seduti comodamente nella propria cucina, personalmente trovo il gesto di Twitter, l’opera più rivoluzionaria degli ultimi 20 anni nel mondo del lavoro.
Continuo a pensarci: è cosi necessario, ad esempio, fare (e far fare) chilometri e chilometri, per un meeting di lavoro che potrebbe tranquillamente svolgersi su Skype?
In questo periodo (molti) hanno scoperto che si, si può fare anche su Skype.
E allora perché tornare indietro?
Allo stesso modo: è cosi necessario, ad esempio, presentare di persona un progetto ad un cliente? È così necessario incontrarlo per dargli ragguagli sull’andamento del progetto? È cosi necessario che una contabile stia in ufficio?
La lista dei lavori che si possono svolgere in una condizione di smartworking totale (ma anche parziale) è interminabile, basta non avere paura e, semplicemente, provarci.
Smartworking per sempre in Italia?
Da questo punto di vista, purtroppo, non riesco ad essere ottimista. Il nostro Paese non si è dimostrato pronto allo smartworking sia per una questione culturale, sia per un’assenza di mezzi adeguati.
Troppi i problemi legati agli strumenti (hardware e software), troppi i problemi legati ad uno spirito di adattamento del tutto assente e a una cultura del lavoro stantia, ferma ancora a capi e clienti che, pur di non adeguarsi, stressano i dipendenti con delle perdite di tempo fuori dal normale.
Il mio auspicio è che sempre più aziende (spero anche in Italia) possano prendere spunto dalla decisione di Twitter (e per aziende non intendo soltanto i colossi del tech, del web o della comunicazione, ma anche piccole e medie-imprese).
Di cosa c’è da avere paura? Di migliorare la qualità della vita e la produttività degli italiani?
Forse “ci vogliono” scontenti e stressati? Forse il “modello italiano” funziona davvero e io non me ne sono mai accorto?
L’unica cosa che penso è questa:
se il mondo è veramente cambiato, se noi siamo davvero cambiati, iniziamo a dimostrarlo!
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